giovedì 29 dicembre 2011

Il mio paese è un mucchio di case buttate a cazzo nel pedemonte

Non dev'essere un caso che il di qua dei monti sia detto l'urinal di Dio e che la gente, come me d'altro canto, si sposti. Il fatto è che di là, in Trentino, l'autonomia permette loro di pagarsi il sole.
Nelle mie parti le colline, una sull'altra, s'inculano, una sull'altra, formando un'andreottitudine ingobbita. A sprazzi il cielo è feso dalle punte di vecchi campanili incrostati di smog. Svolgono il lavoro di preservare i contradaioli da: il demonio, il peccato, il comunismo - si parla di una volta [1]lo strato d'inquinamento che minaccia continuamente i paesi, della serie che: il cielo ci cade sulla testa [2]
'Sto paese è pure conosciuto in tutta la provincia per le sue osterie: ma una in particolare è sempre piena. Questa osteria ha un nome cristiano, e fa affari cristiani con gli stessi mezzi della cristianità: pane e vino. Chiaramente in senso figurato: come la cristianità. Più che vino, infatti, quello che gli fa fare affari è un tè caldo alcolico che dopo uno sbarelli. La gente non trova molto da fare che sbarellare, appunto, il venerdì sera. Il sabato invece va dall'oste alla corte vecchia, dove vendono un sangue di Giuda da orgasmo. E la domenica s'è in piazza a veder la partita della squadra paesana, e al bar in centro.
Dal mio paese si è vicini a una cittadina che ha un sacco di SUV e Jeepponi. E banche a dismisura. Là ci si va se non si va all'osteria in paese. In questa città c'è un C.S.N.O. [3] dove la gente sfoga le sue frustrazioni causate dalla società dei beni comuni. Ci sono negri che reppano, bianchi che rippano e marocchini. Slavi pochi. Gli slavi sono in trattoria, come un sacco di operai tra l'altro. E anche loro sfogano la loro frustrazione causata dalla società dei beni comuni. Ma a loro non gliene frega un cazzo. È questa è cosa buona e giusta, per loro. Così, veneti/neri/slavi/e-terroni offrono i loro sacrifici al dio Vinaro, figlio del dio Denaro. O dio Scheo [4], re degli dei. Di cinesi invece ce n'è pochi ancora, e li si vedono solo in negozio. Come gli indiani, ma ce n'è di più. Di ebreo, nessuno da quel che so.
Ma fa veramente umido d'inverno, e un mucchio di gente se la tira. Va di moda non essere di moda [5]. S'ha da essere alternativi, e se si è alternativi s'è accettati da tutti. Quindi si è di sinistra. Ci si veste di sinistra e si ascolta musica di sinistra. E s'è pacifisti [6] e antirazzisti e democratici [7] e costituzionalisti [8]. Quello che un tempo era essere radical chic insomma, nulla di nuovo.
Ci son poche di quelle donne la sera. Quelle donne che sì insomma quelle là che, avete capito. Ed è pure una gran fatica beccare. L'unica cosa che ricordi a un beccaggio e il beccaio dietro la chiesa nuova. Quello che ci vai e: 
– Tre etti di crudo, grazie.
...
– Sono tre e trenta. Che faccio, lascio?
Con una calibro 8 sulla tempia estratta: – Fanculo! Quanti etti t'ho detto, eh? Quanti t'ho detto?
– Tre...
– E tre devono essere! Bene?
– Offre la casa...
– I patti non erano questi!
– Occhei, occhei...
– Ora prendi quei trentesimi di etto e te li mangi tutti in un colpo. E se non ce la fai...»
E se li ingoia in un grumo, il coglione. E mastica come un maiale al macello che consuma il suo ultimo pasto. Su stronzo, manda giù. Manda giù.
– Manda giù! Che? Manco riesci a parlare bestia. Che schifo mi fai. E allora sputa cazzo, sputa!
E gli cade lì. Davanti. Un trentesimo di etto di prosciutto di Montagnana rigurgitati sul banco di una macelleria. 
Per un punto Martin perse la capa.
– Dovresti giocare di più a briscola [9], vecchio.

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NOTE

[1] Nei '50 e '60 girava voce che ogni campanile nascondesse un rampa missilistica americana, in caso di un possibile attacco sovietico. Argomento in favore a tale tesi era la torre campanaria di Santa Maria: particolarmente lunga e slanciata.
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[2] È un fenomeno curioso. Lo smog si accumula ad una certa altezza dell'atmosfera, formando uno strato di sostanze nere e polverose che ricoprirono l'aria sulla pianura. La si nota da una certa altezza, normalmente salendo in montagna. Uno studio afferma anche che parte di quello strato sia composto dalle esalazioni delle industrie di Porto Marghera che, non trovando vie di uscita, si annidano tra i monti della valle.
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[3] Trattasi di Centro Sociale Non Occupato, fenomeno tutt'ora molto diffuso nelle città industriali del Triveneto.
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[4] Associazione austro-ungarica del dio Soldo. Da scheid.munz abbreviazione di Scheidemünze: tedesco per “moneta divisionale”. Termine inciso su alcune monete in circolazione nelle Venezie durante il regno Lombardo-Veneto. Pronunciato popolarmente come “schei” (IPA /'skεj/), da cui il singolare “scheo”. Da non confondere con Schio, la città. Nel passaggio Scledum < Scledo < *Scheo < Schio. Nello stesso periodo, la divinità fu associata anche al dio Franco, del quale culto cadde in disuso dopo l'entrata in vigore di Euro. Dall'incisione Franc., impressa anch'essa su moneta. Abbreviazione di S. M. l'Imperatore Francesco Giuseppe I d'Austira,  Re Apostolico d'Ungheria, di Croazia e di Boemia e del Regno Lombardo-Veneto, Arciduca d'Austria, Gran Principe di Transilvania, Conte di Gorizia e di Gradisca, Signore di Trieste. Checco Beppe per gli amici: quello coi  baffoni, tanto per capirci.
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[5] Tendenza relativamente recente, ha sostituito il fenomeno emo. Nel mondo anglosassone è detto hipster, in Italia va più il termine  indie, in conseguenza alla musica indie rock/rap/folk che ascoltano, assieme a De André e Lindo Ferretti. La filosofia di fondo è una cosa come il fare tutti quello che non fanno tutti, e riconoscersi tutti in questo.
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[6] Non dovrebbe essere logico, ne ho discusso un sacco: a quanto pare la lotta di classe la si fa  “culturalmente” ora e fare una cosa che pure fanno i borghesi è una cosa borghese. Quindi siccome i borghesi menano è una cosa borghese e non la si fa. Pure parlare di borghesia è borghese, perché la borghesia non esiste più, ma la borghesia ti fa ancora usare questi termini in modo che la lotta contro di loro sia sviata. Vedi Marx. Errata corrige: chiaramente non si può parlare di marxismo perché è roba vecchia, quindi borghese.
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[7], [8] Vedi [6].
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[9] Proverbio riportato sull'asso di bastoni delle carte da gioco trevisane. Queste carte sono le più diffuse nel Veneto, ed è con queste che si gioca a briscola, il gioco di carte preferito dagli avventori d'osteria.

martedì 27 dicembre 2011

La condizionedellapoesiamorosa nel panoramaletterariocontemporaneo

C'è troppa gente che ancora scrive canzoni d'amore. Già. Due palle. [Quando ci sei tu io non ci sono | quando non ci sei manco io ci sono]. Cose così. La gente s'innamora e deve esprimere tutto la sua non volontà di essere nella volontà di essere nell'altro.
Sappiamo tutti comunque che l'amore diventa qualcosa di veramente interessante quando non c'è. Insomma, essere sposati, magari a ventitré anni: che poesia scriveresti? [ieri sera abbiam scopato ed è stato bellissimo | e lo rifaremo anche domani | e così per sempre | finché morte non ci separi]. Sì. E finché non ti cadranno le tette e il cazzo non si rizzerà più. Se si vuole invece dare un valore artistico al nostro amore, tutto sta nel non realizzarlo. La distanza tra l'amante e la donna amata. Il lai dei vecchi provenzali. È già stato detto tutto. Proprio là. Dico: l'Europa contemporanea è un meticciazzo bastardo tra quello che è classico formacontenuto e spirito nordico epicoesanguinario. Se parliamo dell'amore classico: be', latino insomma: Catullo, Tibullo, Properzio, Ovidio, Orazio, poco altro. Occhei, diamo pure una foglia dall'alloro a quest'ultimo. Le nevi e il vino mesciuto e l'attimo che fugge sono una chicca della letteratura. Poi con Catullo insomma: quanto troia è Lesbia. Poi anche coi Greci, ma pure lì è tutta catarsi formacontenutistica. Ma già qui capiamo dove si va a parare: A me pare uguale agli dei | chi a te vicino così dolce | suono ascolta mentre tu parli | e ridi amorosamente. Saffo. Che poi Catullo ancora: Ille mi par esse deo videor. Pure qui comunque. Allora il poeta guarda la sua amata, da fuori. Si dice queste parole in testa. Se le sente, ed è come gliele dicesse: pur dicendosele da solo. Ma che manca a quello che ora è barbarico, moderno? L'immediatezza. Questo è un ragionamento. Si ragiona, si pensa e si cerca di sviluppare tutto in un concetto logico. Logico. Λόγος [1]. Non figurato, non immaginativo e nemmeno così profondamente intestinale.
Prendiamo una delle poesie che più han smaronato nel Medioevo: Can vei la lauzeta mover | de joi sas alas contra·l rai, | que s'oblida e·s laissa | chazer | per la doussor c'al cor li vai, | ai! tan grans enveya m'en ve | de cui qu'eu veya jauzion! | Meravilhas ai, car desse | lo cor de dezirer no·m fon. [2] Bernart de Ventadorn. Immagine: un uccello. Un uccello che vola. Dinamico, colorato. Poi segue: Ai, las! tan cuidava saber | d'amor, e tan petit en sai, | car eu d'amar no·m posc tener | celeis don ja pro non aurai. [3] Basta. Non so nulla, nulla capisco perché pensavo che le logiche avessero un minimo. E invece, non ce n'è per nessuno: Dante (Paradiso, XX, 73-75): Quale allodoletta che in aere si spazia | prima cantando, e poi tace contenta | dell'ultima dolcezza che la sazia. Felicità di morire in favore di qualcos'altro. Annullamento. Annichilimento. Questo. Si perpetua da là, fin ora. Beccatevi qualsiasi canzone d'amore, quelle che tendono al massimo: son queste. Nient'altro. L'ammirare ciò che è fuori ed irraggiungibile. Non logico. Non pensiero: immagine.
È masturbazione: immaginarsi quello che non s'ha sotto gli occhi: il pensiero lontano. In fondo l'amor de lonh era questo: masturbazione, pura. Una donna/un uomo non puoi averla/o senza perderla/o. Ciò che desideri son quella sfilza di versi che ci scriveresti sopra: e basta. La natura fa schifo. Lo sappiamo tutti che i migliori poeti sono quelli che non han mai scopato. Petrarca ad esempio [4]. Tentativo di logica. Esplicazione immaginativa. Affidamento-al-cielo. Dio. Nient'altro.
Cos'era quindi un tempo la poesia d'amore? Seghe. Cos'è ora la poesia d'amore? Seghe su seghe. Imitazione su imitazione. Per cui: c'è troppa gente che ancora scrive canzoni d'amore. Già. Due palle. L'abbiam capita, e non si può farne niente. Allora: un poeta amoroso: o trova e convince che si può avere qualcosa di più che questo Cupido edulcorato Dio o la borra o la famaegloria altrimenti ha poco da far capire che l'amore è bello o brutto. Lo sappiamo, e non è questo il punto: il punto è: c'è qualcosa di meglio? Ne vale la pena? Quanto tu soffra o sia felice o la tua amica è una gnocca da spavento? Interessa? Nessuno ha sentimenti migliori di un altro. Siamo sulla stessa barca, vecchio. Fattene un ragione.

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NOTE

[1] Lógos. Il pensiero. La capacità razionale dell'uomo: nella filosofia antica è via di verità. Vedi Platone e Agostino, in situazione cristiana certo.

[2] Prima stanza di BERNART DE VENTADORN, Can vei la lauzeta mover. Traduzione: Quando vedo l'allodola battere di gioia le sue ali verso i raggi del sole, tanto che si dimentica (di se stessa) e si lascia cadere per la dolcezza che le scende nel cuore, ah! quanta invidia mi prende di chiunque io veda felice: mi stupisco come all'istante il cuore non mi si consumi di nostalgia.

[3] Stanza seconda di ibidem. Traduzione: Ahimè, tanto credevo sapere d'amore e tanto poco ne so, perché non mi posso trattenere dall'amare colei da cui non avrò mai frutto.

[4] C'è da spiegare, in realtà, un concetto interessante. Laura in Petrarca è l'aura, la laurea. Un insieme di significati che si incrociano l'uno nell'altro per esprimere vanitas del mondo. Per quanto ci riguarda, il Canzoniere potrebbe benissimo non essere un libro d'elegie amorose, Laura sarebbe potuta benissimo non esistere mai. E la stessa cosa vale per la Beatrice [Beata Beatrix] di Dante. Infatti è da intendersi l'insieme come una metafora della vita interiore di un uomo-titano. Colui che cerca la gloria in un mondo altro da sé. Petrarca è l'eroe moderno. Il Galileo delle lettere. Non per nulla Alfieri c'andava matto, e Leopardi lo apprezzava sì e no. Petrarca: l'intellettuale che vuol essere sugli altri. Leopardi: l'intellettuale che vuole essere degli altri. Gramsci: l'intellettuale che vuole essere con gli altri. Noi siamo unici, come tutti gli altri.

lunedì 26 dicembre 2011

Inculoincrisi

Stamattina vado a far colazione al bar. Trovo Marx a farsi un aperitivo. Lo guardo dritto nelle borse degli occhi: – Nottataccia, eh?
– Da quando mi hanno sostituito a Nikolaus - mi risponde - le case dei bambini cubani me le devo grattare io. Bella merda, il socialismo!
– Minchia ma... non eri ebreo?
– Ehmbè?
– Vabbè oh. Pensa tra un po' che il capitalismo crollerà e dovrai accollarti pure i camini europei!
No no, non mi preoccupo. Per ora l'Occidente si trova al sicuro dentro il castello del capitale.
– Ma se non fanno altro che ripetere che il capitalismo è morto e sepolto!
– Ja! È chi il coglione che te lo dice?
– Be', i capitalisti!
– Na gut!
– Ma porcoddio! Devi sempre rovinare tutto?
– Senti ragazzino, prenditi un libro di storia! Eh? Vai al capitolo: La rivoluzione industriale. È chiaro e splendente come un cesso appena pulito. Capisci che quelli dal 1843 al 1845 furono gli anni della prosperità industriale e commerciale, conseguenza necessaria della depressione quasi ininterrotta dell’industria negli anni 1837-42. Come sempre, con la prosperità si sviluppa molto rapidamente anche la speculazione. La speculazione di regola si presenta nei periodi in cui la sovrapproduzione è in pieno corso. Essa offre alla sovrapproduzione momentanei canali di sbocco, e proprio per questo accelera lo scoppio della crisi e ne aumenta la virulenza. La crisi stessa scoppia dapprima nel campo della speculazione e solo successivamente passa a quello della produzione. Non la sovrapproduzione, ma la sovraspeculazione, che a sua volta è solo un sintomo della sovrapproduzione, appare perciò agli occhi dell'osservatore superficiale come causa della crisi. Il successivo dissesto della produzione non appare come conseguenza necessaria della sua stessa precedente esuberanza, ma come semplice contraccolpo del crollo della speculazione. Insomma, proprio un cazzo di nuovo.
– Porcatroia, barba! Sei un fottuto genio!
– Che belle storie abbiamo dalla sinistra ora? Na ja: noi la crisi non la paghiamo, eh? E chi la deve pagare? I capitalisti? I capitalisti si pagherebbero la loro crisi? Ma se hanno l'imbarazzo della scelta sulla strategia da applicare! Checcazzo: o le banche si tengono le loro, loro cioè nostre, risorse per poi passarle, con una fiscalità ad hoc, agli apparati produttivi e sbolognare tutta la sovraccomulazione di capitale fittizio, sgonfiando i debiti delle imprese, ah be', senza passare per il sostegno al reddito dei lavoratori, ovvio; o lo Stato si intasca i pochi capitali dei lavoratori per passarli a banche, come fondi chennesò di salvataggio, e imprese, con commesse o finanziamenti eccetera. I lavoratori quindi? Be', sticazzi. Non è un problema loro, no? Il fatto è che quando le cose son fin troppo chiare, la gente stronza non vuol crederci.
– Come si risolve la questione?
– Be', posto il fatto che in ogni crisi capitalistica gli oneri e i cazzi vari finiscono sulla schiena dei lavoratori: non c'è soluzione. L'unica è passare ad una società dove questo non accada, e di certo non si chiama capitalismo.
– E tutto questo discorso per niente?
– Cazzo, Maggi! Se avessi la soluzione, sarei qui al bar ad ubriacarmi alle nove di mattina? Se avessi la soluzione, andrei la notte di Natale a spaccarmi il culo per portare doni ai bambini?
– Karl, sai che ti dico? Vaffanculo!» -
C'è rimasto male, il vecchio. Ma alla fine l'ombra gliel'ho pagata io.
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Liberamente tratto da Antiper, Effetto John Belushi, Dicembre 2011.

sabato 24 dicembre 2011

[Re]flusso [gastroesofageo]

È un po' così come quando ti ritrovi seduto in piedi poggiato al bancone del bar con quel bicchiere che ormai capisci che sarà fatale per la tua coscienza e ti convinci che dopo tutto tutto quello che oramai sei costretto a buttarti giù per l'esofago in quel momento poi te lo farai uscire in qualche altro modo da qualche altro buco ma quanto di' quanto ti costa dover chiudere gli occhi e dirti che è necessario per la tua faccia e la tua reputazione non farti vedere meno valido degli altri e credere che questo gesto così volgare sia in effetti una questione d'onore un po' come quando devi sorbirti tutto quella assurda monotonia vitale che ti passa davanti e indietro e si beffa di te credendoti un rincoglionito ed ha maledettamente ragione e lo sai benissimo che non puoi far niente se poi gli altri ti vogliono come vogliono loro e par che pure gli altri stiano tramando in ogni maniera per farti sputare nuovamente quello che fin poco fa ti sei dovuto tracannare come un morto di sete illudendoti che infine se non lo vedi non può farti tutto quel male ma continui ad arrovellarti come un maiale nel pantano immaginando che se infine devono scuoiarti non lascerai loro la soddisfazione di trovarti già bell'e pronto al macello ma almeno un decimo di quel che hai tribolato dovranno passarselo anche loro e cos'è ti chiedi infine quel colorito rosso che inevitabilmente dovrai lasciarti sulle labbra e cos'è quella faccia che dovrai portarti in giro tutto il giorno dopo quando tutte queste domande che ti stai facendo in questo momento domani non saranno che inutili discrepanze serali perché saranno solo quattro chiacchiere senza scampo tra te e il tuo super-io che mai una volta vuol lasciarti in pace e si mette a predicare dal suo pulpito là in cima ma da che pulpito viene la predica ti lasci dire sentendoti ancora più represso e inibito sebbene tutta la tua inibizione è andata a farsi fottere tra un bicchiere e l'altro ma ancora hai la forza di mandare affanculo la fatalità che continui ad avere intorno senza voler cercare di migliorare nulla solamente guardandola negli occhi dicendole che è una sporca puttana ma che col cazzo che vorrai pagarla alla fine così sebbene avrà voglia di prenderti per il culo per tutto il tempo che vorrà sarai ben lungi da scartarle un solo pezzo da 5 e torni così al tuo bicchiere guardandolo con una sorta di magone o nodo alla gola pensando che forse te lo saresti potuto risparmiare non capendo perché hai voluto mandarti alla gogna senza saperne il motivo ma te la sei messa via dicendoti che infine tutte le patate che hai seminato nel tuo orto sei costretto a cucinartele come sei costretto a buttare giù quell'ennesimo sorso nauseante di quella roba a cui avevi agognato una vita intera per poi scoprire che non è da vigliacchi non dare la colpa a nessuno e allora tre due uno butti giù quel maledetto sorso.

Chi è Geffo Maggi

Geffo Maggi è, e questa è già un'inculata per gli ontologi. Geffo Maggi compie gli anni il giorno del suo compleanno. Geffo Maggi non è nichilista, sennò crederebbe in qualcosa. Geffo Maggi è marxiano, perché c'è un sacco di gente che usa il termine. Geffo Maggi usa il termine un sacco un sacco, perché gli piace come suona. Geffo Maggi è veneto, quindi bestemmia. Geffo Maggi è stato nella ex Jugoslavia, ed era ancora lì. Geffo Maggi non si contraddice. Geffo Maggi si contraddice. Geffo Maggi si è appena contraddetto. Geffo Maggi parla italiano, francese, tedesco, inglese e lingua veneta. Geffo Maggi non è convinto che la lingua veneta sia una lingua. Geffo Maggi non sa elencare i cinque assiomi della linguistica. Geffo Maggi non scrive cazzate, e lo fa dalla quarta superiore. Geffo Maggi odia scrivere di quello che sa. Geffo Maggi odia scrivere di sé. Infatti ora Geffo Maggi sta odiando questa sua presentazione. Geffo Maggi, una volta finita, rileggerà questo post e sclererà dietro all'autore. Geffo Maggi scrive di sé in terza persona perché odia la poesia lirica. Geffo Maggi non è parente di Giò Formaggio. Geffo Maggi ha un'anima gonfia di birra più triste di tutti gli alberi di Natale morti del mondo. Geffo Maggi non ha mai conosciuto Henry Chinaski. Geffo Maggi si contraddice. Geffo Maggi non si ripete. Geffo Maggi non si ripete. Geffo Maggi ha letto Palahniuk. Geffo Maggi pensa che David Foster Wallace prometta bene, e che farà molta strada. Geffo Maggi si nasconde dietro i Wu Ming. Geffo Maggi trova una figata lo Sugarpulp. Geffo Maggi non trova che il foglio virtuale limiti il suo flusso di coscienza. Geffo Maggi ha guardato E morì con un falafel in mano. E gli è piaciuto. Geffo Maggi non ha iniziato un periodo con Geffo Maggi. Ma se vi siete accorti non è la prima volta che lo fa. Geffo Maggi adora ripetere la parola Geffo Maggi. Geffo Maggi ripete così tanto la parola Geffo Maggi che comincia a dubitare della sua esistenza. Geffo Maggi però è, e così torna all'inizio della presentazione. Willy è Geffo Maggi.  Geffo Maggi si sta rompendo i coglioni di scrivere questa presentazione. Geffo Maggi ascolta i CCCP, anche se non ci sono più. A Geffo Maggi fa cagare Vasco Brondi. Geffo Maggi non ha vinto mai nessuna medaglia per i campionati di voli pindarici. Geffo Maggi odia essere contraddetto. Geffo Maggi non si ripete. Geffo Maggi si spara i Marlene a chiodo. Geffo Maggi non è laureato, ma ha un debole per la ginecologia romanza. Geffo Maggi è mainstream. Geffo Maggi scrive le parole straniere in corsivo perché l'ha visto fare nei libri dei professori. Geffo Maggi non si droga, ma lo farebbe. Geffo Maggi sa che i migliori poeti sono quelli che non hanno mai scopato, è per questo che Geffo Maggi non sarà mai un grande poeta. Geffo Maggi ha conosciuto Jacopo Ortis, e Jacopo Ortis deve dei soldi a Geffo Maggi. Geffo Maggi ha appena fatto un chiasmo. Geffo Maggi sa che Jacopo Ortis non gli darà mai quei soldi indietro. Geffo Maggi ha appena fatto un volo pindarico, anche se scarso. Geffo Maggi si è appena ripetuto sui voli pindarici, ma Geffo Maggi non si ripete. Geffo Maggi ha finito la sua presentazione, e ora va a ubriacarsi.